Dalla finestra e su una panchina

  • di
Annalisa Mastrogiacomo, Battaglia

Giardino e altre parole. Coltivare la natura e la terra significa coltivarci. Interessarci dell’ambiente è interessarci di noi. Noi ci occupiamo dei fiori e degli animali. Ci occupiamo di noi stessi, degli altri viventi più simili a noi, i cosiddetti nostri simili. Scrivere è come pensare: mettere mente e parole per occuparci della nostra storia in cammino. Poi si può usare la pagina. E nel corso di scrittura costruiamo personaggi e storie, inventiamo storie. Inventare vuol dire anche trovare: pensiamo alla parola inventario, “luogo” dove le cose si possono trovare perché le abbiamo nominate, numerate, elencate… registrate, e così abbiamo un registro o regesto (dal tardo latino regesta: “cose accadute” e titolo della racconta di documenti o elenco ecc.). Ogni racconto è un “conto”: cosa mi conti? Enumero le cose che so, che ho visto, che ho pensato. Sono cose nuove, novità, novelle quindi, news. Ecco che compare la parola novella. E le presento in forma diversa, nuova, mia, utilizzando però forme scoperte da sempre: descrizione e dialogo. Ascoltiamo i racconti e pensiamo a nuove scritture che nascono di conseguenza.

Colori incantati, di Fernanda De Camelis

 Abito in una casa con giardino: alberi dentro e fuori, in strada. Ogni giorno dalla mia finestra posso ammirare la bellezza dell’autunno con il suo turbinio di colori. Quando c’è vento assisto ad una pioggia di foglie che cadono per terra volteggiando nell’aria. Sono attratta da una foglia che è lì pronta a cadere ma resta attaccata al suo ramo, dondola, dondola, ma non cade: è come se sapesse che staccarsi significherebbe finire il suo ciclo di vita… Ed io la guardo e la mia mente va indietro nel tempo e penso alla mia mamma che sapeva sarebbe morta di lì a poche ore, ma ci diceva che la vita è un dono prezioso che va vissuto e preservato sino all’ultimo respiro… Quando sono tornata dai miei ricordi, la foglia era caduta, era terminata la sua stagione. La prossima primavera un’altra foglia nascerà, esattamente al suo posto… ma non sarà più lei.
La vita è una ruota, mi dico ritirando il bucato.
Chiudo le imposte, viviamo al meglio il nostro turno.

Tramonto, di Annalisa Mastrogiacomo

Piano piano i colori dell’estate si stanno indebolendo e il parco antistante la villa ha cominciato a macchiarsi di rosso, arancione, marrone… È come se la ruggine iniziasse a prendere il sopravvento.
Il verde, timidamente, fa ancora capolino… sa che il suo tempo sta per correre via, che la sua vita si sta esaurendo e insieme ai suoi fratelli diventerà humus, fertile nutrimento che porterà alla nascita di nuove esistenze. Non c’è tristezza in questo scenario. C’è consapevolezza che l’estate passa e deve dare il testimone all’autunno. Il passaggio dal periodo dei risvegli, del solleone, quando tutta la natura esibisce il suo potere, crea attimi di smarrimento per il dubbio di come tutto ciò avverrà. Se con dolcezza o con dolore. La vita, comunque, ha ancora il posto in prima fila. Claudio e Beatrice si siedono con fatica sulla panchina. Il fiato è corto perché i pochi metri che hanno percorso li ha fiaccati non poco. Il silenzio viene interrotto da Beatrice, quasi uscisse da un etereo pianeta.

–  Claudio, sei stato giovane tu?
– Se ho guardato la TV?
– Nooo!!! Hai avuto un’infanzia, un’adolescenza? Insomma, com’eri da ragazzino?
– Siiiì, Sono andato in Francia! Mi sono recato a trovare Amélie. E ho anche mangiato un buon panino.
– Possibile che non mi comprendi?
– Ma già…prima non volevi capire, ora ti sei rimbambito e sei diventato sordo. Marriavvergine!!!

Alzando la voce lei ripete:

– Sei stato bambino??
– Ehi! Parla più piano. Non sono mica cretino!!!
– Beh! Insomma, hai almeno un po’ di memoria? Un ricordo di noi?

 Improvvisamente è come se la nebbia fosse sparita dalla testa di Claudio. Ritornano a farsi sentire i rumori, gli odori… rinasce in lui un nuovo uomo, vivo, pieno di entusiasmi.

–  Sisssì! Quando siamo stati a Portopalo di Capo Passero, sulla punta sud-est della Sicilia. Che bei posti, l’acqua azzurro verde, cristallina, le vecchie tonnare. Il sole e il mare così limpido facevano da cornice a quel paesino a noi sconosciuto. Abbiamo fatto tante passeggiate tu ed io per le viuzze che salivano verso la collina. Erano rimaste poche case laggiù, disabitate, abbandonate da tempo, anche di fretta. Forse un terremoto aveva sorpreso i suoi occupanti. Qualche suppellettile, qualche vecchio straccio, qualche vecchio arredo, coperto da una grigia polvere antica, stavano ad indicare una lontana presenza.
Quel giorno avevamo deciso di perlustrare nuovamente quel piccolo borgo fantasma alla ricerca di ulteriori tracce, a testimonianza di una storia passata.
Eravamo carichi e spensierati.
Tra le bianche mura diroccate, macchie di verde segnalavano che ancora la vita in quel luogo non si era spenta.
Nell’avvicinarsi abbiamo notato dei cespi con rami ricadenti. Tanti boccioli si nascondevano tra le foglie, non così tanto da non farsi riconoscere. Erano capperi. Una bella scoperta.
Tutto ciò ci ha sorpreso ed emozionato.
Il silenzio era grave ma rasserenante.
Ci siamo guardati. Uno sguardo intenso ed espressivo.
In un attimo i tuoi occhi azzurri si sono accesi…. accesi di una vivace passione, i tuoi capelli biondi che incorniciavano il tuo viso e ricadevano in parte sulle spalle, hanno assunto il colore dell’oro. I raggi del sole ne aumentavano l’intensità. I tuoi seni appena pronunciati sembravano agitarsi in modo incontrollato, il tuo corpo formava delle curve flessuose e provocanti.
Tutto era un richiamo a cui ho risposto subito con altrettanto ardore.
Non c’era bisogno di palesare qual era il nostro desiderio.
Ci siamo ritrovati avvolti da una passione sfrenata, e nulla – le macerie, la polvere, il tempo, il silenzio – avrebbe potuto distrarre i nostri intenti.
Accarezzato e appagato il desiderio, ci siamo immersi in un profondo silenzio, interrotto solo da una tua parola: “Per sempre”.
È il più bel ricordo dal nostro primo incontro.

 Estasiato, Claudio ha lo sguardo perso, sognante. È quasi come stesse rivivendo la scena, rapito dai ricordi. Il suo sorriso rivela il piacere, una serenità da tempo scordata.
Stentano ora i suoi occhi a rimanere aperti. Le palpebre cedono e il sonno decreta il suo trionfo.
Beatrice è ancora attonita e ammutolita. Ha ascoltato con crescente stupore il racconto-ricordo di Claudio. Incredula e smarrita riesce, con difficoltà, a respirare. Nella sua stanca testa mille pensieri, mille passate immagini sconvolgono la serenità che, negli ultimi tempi, aveva, con fatica, raggiunto.

Io non ho gli occhi azzurri! I miei capelli, ormai bianchi, erano di un castano scuro… I miei seni sono stati sempre pieni e le mie curve ben accentuate! Io non sono mai stata in Sicilia!

E adesso… Cosa scrivere ancora? Alcuni suggerimenti da continuare a casa:

1. L’ispirazione viene anche dal riscrivere.
– Riscrivete storie antiche, miti, leggende, favole.

2. Se volete scrivere in gioco (fa parte del gioco), ecco un testo (sembrerà una poesia) con questa ricetta: una parola per riga / linea con le lettere in numero crescente o decrescente (a scelta). Per esempio, sul tema “primi piatti”:

 -pici
– penne
– bigoli
– tortelli
– rigatoni
– spaghetti

Continuate con i fiori…

3. Scrivete a partire da alcune massime:

– Fare di tutta l’erba un fascio
-L’erba cattiva non muore mai
-Sempre bisogna vivere (come dice Fernanda)

4. Scrivere partendo da definizioni tecniche:

Baulatura – mi diceva il sig. Boschello di Borgoricco, andando in giro per la centuriazione o graticolato romano. Che cos’è la baulatura dei campi?  cosa ti ricorda? cosa ci scriveresti?

5. Scrivere su parole accostate:

-che scatenano la creatività (il famoso binomio di Gianni Rodari): occhiali + carote / naso + bottone / forbice + cuore…
-che creano catene di ricordi: per esempio: cancello giardino sera (si chiamano nel linguaggio tecnico inglese in uso nelle scuole di scrittura: prompt di scrittura).

6. Scrivere un racconto sulla frase del nonno di Marino, Sante, di Boara Pisani: “I giovani sono come il sole delle nove del mattino”.