Respiri consapevoli

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Iniziamo questo nuovo incontro  osservando la mente non stabile, le continue distrazioni e la difficoltà nel riposare nel momento presente. I ragazzi ci aiutano a creare lo spazio spostando le sedie. Osservo curiosa come si muovono, sono educati, attenti a non creare troppo rumore, partecipi nel disporre le sedie ai lati e in ordine. Anche questa è Consapevolezza e alle ore 14.30 del venerdì, dopo un’intera settimana di lavoro e studio, credo sia davvero un dono che riceviamo dai ragazzi.  C’è interesse, partecipazione e, soprattutto, curiosità.

Iniziamo con la Pratica dei Tre Respiri, osservando:” Cosa è presente in questo momento?”. Suono del gong. Altri tre respiri e: “Cosa è vivo in me, ora? Che emozioni riconosco, senza analizzare?”. Gong. Ultimi tre respiri: “Portiamo il respiro verso l’ombelico, osservando l’addome che si gonfia e si rilassa nell’atto della respirazione”. Tre suoni di gong.  Questa semplice e breve pratica aiuta a riportare la mente al momento presente, per pochi istanti certamente, ma ci stiamo allenando.  Nel gruppo degli allievi ci sono sportivi e, forte della mia giovanile esperienza di nuotatrice, riporto spesso il linguaggio all’esperienza sportiva: allenamento, successi, fallimenti, obiettivi e via dicendo. Sorridono e comprendono in base al loro vissuto. La Mindfulness è esperienziale, come lo sport si puoi spiegare, ma se non pratichi sarà difficile afferrare di che cosa si tratti.                              

Proseguiamo con un breve Bodyscan compassionevole: portiamo l’attenzione e la gratitudine alle varie parti del corpo che ci permettono una vita senza ostacoli o impedimenti.  Anne conduce una condivisione generale e viene posta l’attenzione a come troppo spesso diamo per scontato le meraviglie che già possediamo portando, invece, il focus a ciò che desideriamo o rifiutiamo.

Propongo tre esercizi brevi che dimostrano come la mente sia come una farfalla: non si ferma in un posto molto a lungo e continua a svolazzare da una cosa all’altra, senza sosta. Il primo passo del nostro processo è proprio quello di riconoscere la mente instabile. Il primo esercizio richiede di assumere una corretta postura e di restare aperti agli stimoli sonori o altro che possono giungere. La richiesta è di non fare nulla! L’esercizio ha la durata di 5 minuti: un tempo molto breve e già si potrà osservare che in questo periodo la mente si è allontana varie volte. Fatica a stare, a non fare nulla.

Subito dopo Anne propone il secondo esercizio, Riconoscere la mente instabile.  Distribuiamo ai partecipanti un sasso che fungerà da supporto per la pratica (anch’essa di 5 minuti).  Viene chiesto di posare il sasso a circa un metro di distanza e di posare lo sguardo rilassato su di esso, nessuna tensione, nessuno sforzo. Ogni tanto Anne suona il gong e chiede:” Dove era la nostra attenzione quando il gong è suonato?”. Al termine, durante la condivisione, sono sorte interessanti osservazioni:

“Ad un gong mi sono trovata presente, agli altri ero distratta e mi sono sentita in colpa”;

“Mi sono annoiato, distratto e poco interessato”;

“Ho visto come la mente sia sempre in moto, alla ricerca di non so che di interessante”;

“La mia mente era proprio come una farfalla, un po’ qui e un po’ là, ma mi sono rilassata. L’ho vista e ho sorriso”.

Abbiamo sottolineato le diverse osservazioni, senza giudizio o altro, in prospettiva dei prossimi incontri dedicati maggiormente alle emozioni.

Infine, abbiamo proposto il terzo esercizio, Stabilizzare la mente non stabile (in inglese grounding). La mente è instabile per la forza delle abitudini, ma è naturalmente incline a stabilizzarsi, proprio come l’acqua si stabilizza, diventando limpida se la lasciamo indisturbata. Ci sediamo, schiena diritta, ma non rigida. Portiamo l’attenzione al respiro, senza sforzo. Cerchiamo di mantenere inspirazione ed espirazione uguali in lunghezza. Per fare questo possiamo contare. Inspiriamo e: “1, 2, 3, 4”, espiriamo e: “1, 2,3,4”. Conteremo in questa maniera per qualche minuto, circa cinque.

Al termine, durante la condivisione, viene sottolineato come in qualcuno sia sorto un sottile senso del “dover fare” qualcosa, in altri di doversi sforzare o come sia sorta una sensazione di disagio per il fatto di fallire o di non essere in grado di farlo. Importante è riconoscere che anche questi sono pensieri, solo pensieri.

Abbiamo concluso con dei movimenti consapevoli mirati al risveglio delle sensazioni fisiche e alle espressioni emotive. Vi è molta timidezza nell’esprimersi col corpo, comprensibile negli adolescenti, ma le loro risate sono davvero contagiose. Vengono consegnate letture a tema e schede di valutazione per le attività giornaliere e degli Eventi Piacevoli. A parte viene inviata una traccia con le pratiche registrate a voce. Insieme rimettiamo le sedie in ordine, anche questo gesto diviene una sana abitudine.

Chiara