Una danza al giorno

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foto di Giorgia Minisini

Una danza al giorno è una pratica ispirata dal lavoro di Andra Olsen,  danzatrice, ricercatrice e pedagoga americana. I ragazzi dei laboratori portano  a casa per una settimana il lavoro di ricerca sul movimento e improvvisano una serie di danze più o meno invisibili di cui terranno traccia scritta in un diario. Si riportano di seguito il testo di consegna della ricerca e alcune delle danze  descritte dai ragazzi nel corso della loro settimana di pratica.

Lasciatevi danzare ogni giorno, per una settimana. Muovetevi per cinque  minuti, mantenendo una connessione intuitiva a voi stessi e alle caratteristiche dello spazio in cui vi state muovendo. Seguite il manifestarsi degli impulsi di movimento in uno spazio aperto, o in un luogo privato e appartato così da darvi
talvolta la possibilità di esplorare il movimento in modo più pieno e libero. Si possono anche sperimentare quelle che qui chiameremo danze invisibili: ci muoviamo come normalmente faremmo in uno spazio/tempo consueto (mentre apparecchiamo la tavola, mentre ci laviamo i denti, mentre parliamo al telefono con un amico), considerando però quel che stiamo facendo una danza. Quel che importa è avere un’intenzione chiara quando si comincia la propria danza, darle un inizio e una fine e restare in contatto con l’esperienza in improvvisazione. Trascorsi i cinque minuti, prendetevi qualche minuto per annotare l’esperienza: quale stimolo o quale curiosità, idea o impulso hanno innescato la danza? Come si è mosso il mio corpo? Quali emozioni, sensazioni o intuizioni si sono manifestate nei cinque minuti della mia improvvisazione? Come ha influito lo spazio, l’ambiente, il paesaggio circostante sulla qualità del mio movimento? Queste sono alcune delle domande alle quali potreste voler rispondere, ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo. Nel momento di integrazione scritta, fidatevi del vostro istinto e dei vostri desideri così come avete fatto danzando.

La giornata di oggi l’ho trascorsa tra le calli di Venezia e la mia danza è nata da un semplice gioco con mia sorella. Mentre eravamo lì infatti aveva iniziato a piovere, e così noi due ci siamo messe a correre cercando di ripararci il più possibile dalla pioggia ed evitando però di andare incontro alle persone lì attorno. Il tutto si è trasformato in una danza, completa di giravolte e salti per destreggiarsi tre persone e pozzanghere. Purtroppo, però stavamo perdendo di vista i nostri genitori e, per questo, ci siamo dovute fermare sotto ad un portico
per riprendere fiato.

Anche oggi ho esplorato i miei pensieri in una danza invisibile, mentre tornavo a casa in bicicletta, ascoltando la musica ho allargato le braccia e ho sentito l’aria tra le mie dita, disegnando piccole onde a ritmo di musica e
canticchiando le parole. Ho immaginato di essere tornata bambina, quando vedevo il paesaggio scorrere dal finestrino della macchina mentre andavo in vacanza con la mia famiglia. Improvvisamente però mi sono ripresa, appena una macchina è entrata nella mia visuale, ritornando alla mia musica e riprendendo a pedalare al ritmo che avevo prima.

Considero le pennellate su un foglio come una danza (pennellate di tempera acrilica). Vanno su, giù, destra, sinistra, ma principalmente su e giù, sono simili l’una alle altre, con intervalli di tempo non troppo diversi. Una dopo l’altra  portano e distribuiscono ovunque il colore. Il colore è lucente e compatto. Mi piace e le pennellate vanno quasi a ritmo.

Ho ballato da sola, in camera mia, con la musica e le cuffie. Ho messo la musica e ho iniziato a muovermi. Mi sento più sciolta rispetto al primo giorno, più a mio agio, anche se non vado molto a tempo. Muovo molto tutto il corpo con movimenti ampi, muovo gambe, piedi, braccia, busto, bacino, mani, bocca, testa. Pensavo che i cinque minuti durassero di più.

Ero stanca, principalmente per la giornata, ma, nel momento in cui mi sono stesa a terra, ho cominciato ad ascoltarmi. Ascoltare il rumore delle dita sul pavimento che cercavano contatto. I singoli battiti del cuore sentiti con una piccola pressione sul collo.
Stare così per cinque minuti è stato spettacolare.

Ho passato una giornata colma di emozioni e avevo davvero bisogno di scaricare, farmele scivolare addosso, farle volare via con dei movimenti lenti e delicati, come muovere le braccia, sul pavimento e sul mio corpo. Quando ho poi aperto gli occhi mi girava la testa.

Oggi ho deciso di rimanere accompagnato dalla musica, nella danza. Ho riesplorato il mio corpo, in qualche modo potrei dire di aver fatto uno  stretching totale del corpo, seguendo un po’ il ritmo della musica. Mi sono
quasi divertito, era da mesi che non muovevo un po’ tutto il corpo, a parte le lezioni di educazione fisica e mentre cammino. Sono rimasto in camera mia, dove mi sento più a mio agio rispetto ad ogni altro ambiente. Mi sono sentito libero, l’unico limite era lo spazio. Sono curioso di come mi comporterei in uno spazio più ampio, come un prato.

Ho praticato i cinque minuti di danza invisibile mentre ero nella doccia. Ho chiuso gli occhi per quanto potevo e mi sono concentrato sul contatto tra me e me, tra le mie mani e le diverse parti del mio corpo. Sentire l’acqua che scivola sulla pelle come la pioggia sui vetri. È stato un momento di grande tranquillità, nonostante il forte rumore dell’acqua. Anzi forse è proprio per quel rumore che è stato un momento tranquillo, è stato grazie a quel rumore che mi sono isolato dal monto esterno. Il contatto tra le piante dei piedi e la vasca da bagno bagnata. Ho apprezzato questi cinque minuti di conoscenza del mio corpo ad occhi chiusi. Forse con questi gesti di contatto con il mio corpo ho rafforzato quel sentimento di amore che provo per me stesso.

Era sera tardi, era buio, ho ballato in camera mia, da sola, con la musica, nessuna in particolare, ho messo una playlist. La musica era rilassante. Ho fatto movimenti piccoli, non ampi, ho mosso caviglie, collo, piedi, mani, collo.

Questa volta ho impiegato i miei cinque minuti di danza invisibile mentre ero in giro con dei miei amici, oggi pomeriggio. Mi sono presa cinque minuti per osservare la situazione circostante, ho certato di sincronizzare i miei passi con quelli delle persone attorno, provando a seguire la loro velocità. Sono rimasta leggermente più indietro per ascoltare le loro conversazioni ed ho vissuto la situazione come un osservatore. Lentamente poi ho ripreso velocità e sono rientrata nel gruppo, notando però come il ritmo dei loro passi si fosse lievemente affievolito per permettermi di raggiungerli e rientrare nella loro conversazione.